Sentenza n. 43 del 1991

 

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SENTENZA N.43

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giovanni CONSO                                              Presidente

Prof. Ettore GALLO                                                   Giudice

Dott. Aldo CORASANITI                                              “

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 79 della legge della Regione Veneto 27 giugno 1985, n. 61 (Norme per l'assetto e l'uso del territorio), in relazione all'art. 8 del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9 (Norme per l'edilizia residenziale e provvidenze in materia di sfratti), convertito, con modificazioni, nella legge 25 marzo 1982, n. 94, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 22 febbraio 1990 dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto sul ricorso proposto dalla s.p.a. Scamosceria Astico contro il Comune di Thiene ed altro, iscritta al n. 519 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 1990;

2) ordinanza emessa il 29 e 30 giugno 1990 dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto sul ricorso proposto dalla s.r.l. PROJECT contro il Comune di Conegliano ed altra, iscritta al n. 685 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.45, prima serie speciale, dell'anno 1990;

Visti l'atto di costituzione della s.p.a. Scamosceria Astico, nonché l'atto di intervento della Regione Veneto;

Udito nell'udienza pubblica dell'8 gennaio 1991 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

Udito l'avv. Ivone Cacciavillani per la s.p.a. Scamosceria Astico;

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con due ordinanze di analogo contenuto, emesse la prima il 22 febbraio 1990 (reg. ord. n. 519 del 1990) e la seconda il 29 e 30 giugno 1990 (reg. ord. n. 685 del 1990), il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 79 della legge regionale veneta 27 giugno 1985, n. 61, nella parte in cui non limita il verificarsi del tacito assenso sulle istanze di concessione edilizia alle sole ipotesi di costruzioni per l'edilizia residenziale, così come disposto dall'art. 8 del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito, con modificazioni, nella legge 25 marzo 1982, n. 94.

2. - I giudici a quibus, richiamando anche propri precedenti giurisprudenziali, partono dalla considerazione che la legge regionale in questione ha disciplinato in modo organico le modalità per l'assetto e l'uso del territorio e che, in particolare, la norma impugnata sembra estendere l'applicazione dell'istituto del silenzio-assenso ad ogni intervento edilizio, anche di natura non residenziale.

Ricordato che precedenti decisioni in tal senso sono state riformate dal Consiglio di Stato - il quale, da un canto, ha ritenuto che la mancata ripetizione nella legge regionale del limite inerente alla edilizia residenziale per la formazione del silenzio-assenso non poteva essere intesa come volontà di estendere l'ambito dell'istituto, la cui applicazione pertanto doveva essere limitata alle ipotesi previste nella legge statale, e, dall'altro, ha considerato che, diversamente, la norma regionale avrebbe disciplinato l'istituto in deroga ai principi generali dell'ordinamento che impongono la subordinazione della attività edilizia al previo provvedimento concessorio - gli stessi giudici rimettenti insistono nell'interpretare la norma regionale in senso estensivo e non limitativo, considerando anche che la stessa legge regionale è stata emanata dopo l'entrata in vigore della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (che costituisce una legge-quadro in materia di controllo della attività urbanistico-edilizia), il cui art. 25, 1° comma, lettera b), dispone che le Regioni con proprie leggi definiscano criteri per accelerare l'esame delle domande di concessione e di autorizzazione edilizia; il che sembrerebbe confermare l'intenzione del legislatore regionale di non operare distinzioni in ordine al tipo di interventi edilizi tacitamente consentiti e di disciplinare, organicamente e a regime, l'istituto del silenzio-assenso.

Ciò premesso, i giudici del rinvio dubitano che la legge regionale possa disciplinare la materia in modo diverso da quello previsto dalla legislazione statale senza incorrere nella censura di incostituzionalità, anche alla luce della sentenza di questa Corte n. 1033 del 1988, che ha qualificato come norme fondamentali di riforma economico-sociale le disposizioni dettate dall'art. 8 del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito, con modificazioni, nella legge 25 marzo 1982, n. 94.

3. - È intervenuta in uno solo dei due giudizi (reg. ord. n. 519 del 1990) la Regione Veneto, eccependo in primo luogo la inammissibilità della questione, in quanto proposta sulla premessa di una duplice interpretazione della norma impugnata; nel merito, ne ha sostenuto la infondatezza, perché la normativa regionale non deve essere "completamente e piattamente" aderente al dettato della legge statale, pur definita quale riforma economico- sociale, ma deve, come nella specie, recepirne i principi, tra i quali non ultimo quello di stabilire procedure semplificate.

4. - Si è costituita altresì nel medesimo giudizio (reg. ord. n. 519 del 1990) la parte privata per sostenere le motivazioni addotte nell'ordinanza di rimessione e per ribadire che, mentre a principio generale deve assurgere il c.d. silenzio-accoglimento, come forma di difesa del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione, diversamente le modalità e i limiti di applicazione di tale istituto devono essere lasciati alla libera determinazione legislativa delle singole Regioni.

In prossimità dell'udienza di discussione, la stessa parte privata costituita ha presentato una memoria con la quale controdeduce all'eccezione, formulata dalla Regione Veneto, di inammissibilità della questione.

 

Considerato in diritto

 

1. - È stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 79 della legge della Regione Veneto 27 giugno 1985, n. 61, "nella parte in cui non limita il verificarsi del tacito assenso all'istanza di concessione edilizia alle sole ipotesi di costruzioni per l'edilizia residenziale".

Le ordinanze di rimessione, muovendo dal presupposto che la norma regionale impugnata trovi applicazione in tutte le ipotesi di richiesta di concessione edilizia, dubitano della sua costituzionalità, perché contrasta con il principio generale di cui all'art. 8 del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito, con modificazioni, nella legge 25 marzo 1982, n. 94, che limita l'istituto del silenzio-accoglimento alla sola edilizia abitativa.

2. - Rileva la Corte che, successivamente alla pronunzia delle ordinanze di rimessione, risulta mutato il quadro normativo tenuto presente dai giudici a quibus nel rimettere la questione. Difatti, l'art. 8 del decreto-legge richiamato indicava alla data del 31 dicembre 1984 il termine di efficacia della previsione relativa alla possibilità di formazione dell'assenso mediante il procedimento del silenzio-accoglimento. Tale termine, più volte prorogato, con l'art. 8 della legge 31 maggio 1990, n. 128 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), lo è stato da ultimo fino alla data del 31 dicembre 1990 ed è, quindi, attualmente scaduto.

Per effetto dello jus superveniens, in tal modo verificatosi, devesi disporre la restituzione degli atti ai giudici a quibus per un riesame della rilevanza della comune questione alla luce del nuovo quadro normativo di riferimento.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Riuniti i giudizi, ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 gennaio 1991.

 

Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA.

 

Depositata in cancelleria il 31 gennaio 1991.